Cambiare sguardo sul mondo con Franco Basaglia

Lo sapevi? La legge 180 del 1978, più nota come legge Basaglia, porta la data del 13 maggio. È una svolta epocale per tutta l’Italia: vengono chiusi i manicomi e il trattamento sanitario obbligatorio viene regolamentato. In questo 2024 in cui ricorre (11 marzo) il centenario dalla nascita di Franco Basaglia, ci piace ricordare colui che il 16 novembre 1961 arrivò nell’ospedale psichiatrico di Gorizia come nuovo direttore e decise di “aprire le porte” di quel luogo. Un luogo di emarginazione e sofferenza per tante persone private della propria storia, i “matti”, sottoposti a ogni sorta di violenza.

Basaglia si fece promotore di una rivoluzione enorme che riguardava la comunicazione: la cura si accompagnava per lui all’ascolto, nel rispetto dei malati che ritrovavano la propria centralità di persone. La vera terapia, sosteneva, doveva essere incentrata nel rapporto tra psichiatra e paziente, fatto di dialogo e confronto.
Franco Basaglia è il protagonista della data di oggi non solo per le ricorrenze grazie alle quali ancora si parla di lui, ma perché è una figura perfetta per invitarci a cambiare il nostro modo di guardare le cose. Come Basaglia ha ridato umanità alle persone, guardando dietro il muro che la parola manicomio innalzava, così esiste una pratica di comunicazione visiva che ridà visibilità ai luoghi, magari giocando sulle atmosfere, sulle suggestioni, o risemantizzando ciò che quei posti hanno da dire.

Parliamo di urbex, l’esplorazione urbana che porta dentro edifici solitamente abbandonati o in rovina e che si fa spesso protagonista di tanti originali progetti di comunicazione. Proprio gli ospedali psichiatrici abbandonati sono una categoria di edifici ricorrente nell’urbex: la loro carica narrativa è fortissima, così come le emozioni che sembrano ancora aggirarsi tra le stanze in rovina. Sono luoghi capaci di raccontare storie terribili, e che a volte, grazie allo sguardo nuovo della contemporaneità, possono anche diventare set per nuove narrazioni, diversissime da quelle della sofferenza davvero vissuta al loro interno. Possono, insomma, trasformarsi in qualcosa di nuovo, e migliorare parlando di progressi e persino di bellezza.

Se ti incuriosisce l’urbex, guarda questo video!

Saper guardare, coltivare uno sguardo elastico e un’immaginazione frizzante sono i capisaldi di una buona comunicazione visiva. Hai mai pensato che una strategia di comunicazione originale può partire proprio dal modo in cui cambiamo il nostro sguardo sul mondo? Contattaci, se vuoi saperne di più!

Credits: foto di Samuele Silva

Instagram e i video: dalle foto ai reels, come cambia la comunicazione via social

Instagram, il social “visivo” per antonomasia. Ma cosa significa visivo? All’inizio, quando nacque, nel 2010, Instagram era un universo dedicato esclusivamente alla fotografia. Ultimamente – gli utilizzatori più assidui se ne saranno accorti – la prerogativa di questa piattaforma è cambiata: non ci sono solo più fotografie, filtri con cui modificarle e feed di scatti in palette cromatica. No, oggi Instagram è sempre più una piattaforma di contenuti visivi dinamici con features che stanno contagiando il nostro modo di utilizzare questo social: stories, innanzitutto, ma anche l’esperimento di IgTv, dal 2021 ormai in pensione, e i reels, i contenuti sempre più dominanti sulla scena. Insomma: Instagram è diventato un piccolo mondo di creazione video. 

Dalle foto ai video 

Cosa è successo a Instagram, quindi? Semplice: questa piattaforma sta accogliendo con sempre più favore i contenuti video. A selezionare questo tipo di contenuto è, neanche a dirlo, il sempre presente algoritmo, che premia contenuti meritevoli – secondo lui – di essere guardati. Contenuti che sempre più non sono foto, quindi post statici, “vecchia maniera”, ma video di vario tipo. L’orientamento dell’algoritmo non è passato affatto inosservato alla community e ai creator, ragione per cui nell’estate del 2022 si è assistito a una sorta di opposizione a una tendenza figlia di trend e mercati. 

Piccoli cambiamenti sono stati apportati da Meta, ma è lo stesso social a indicare le “preferenze” dell’algoritmo rispetto ai video: la visibilità sarà assicurata preferibilmente a contenuti in formato video verticale sotto i 90 secondi, accattivanti e non creati da altre app. Di fatto: Instagram sta invitando gli utenti a creare reel, una modalità che sfida la creatività di ciascuno in base a gradi diversi di coinvolgimento. I reel possono infatti essere “copiati” ispirandosi ad altri tra quelli che popolano il feed, ma possono anche prestarsi a mettere le mani in pasta e divertirsi con effetti e montaggi per dare vita a qualcosa di nuovo e accattivante.  

La piattaforma, in buona sostanza, oggi invita chi desideri ottenere visibilità a diventare regista del proprio brand o di se stesso: questo, naturalmente, per ora. I movimenti e le tendenze del mondo social, e di conseguenza di quello video, sono poco prevedibili e l’unico modo per stare al passo dell’algoritmo è inseguirlo. 

I video per le stories

Dire Instagram oggi è sempre più dire stories: contenuti dalla visibilità di sole 24 ore. Ultimamente le stories sono diventate uno dei contenuti più apprezzato sulla piattaforma: si tratta di un format che ben si presta a tutti quei brand che “ci mettono la faccia”, proponendo una comunicazione sbarazzina e senza filtri, dritta al pubblico. Ecco spiegato il successo crescente delle stories, che si traduce, in termini algoritmici e di piattaforma, nel tempo crescente trascorso dall’utenza a scorrere le stories per sempre più tempo, piuttosto che scorrere il feed come accadeva maggiormente fino a poco fa. 

Non stupisce così che Instagram abbia deciso di lasciare sempre più spazio ai video via stories con una serie di progressive modifiche e aggiornamenti: le stories con video potevano in origine durare 15 secondi, mentre con il nuovo aggiornamento la durata viene triplicata fino a 60 secondi. La novità sembra essere stata accolta positivamente dalla community di utenti, ma qui si pone un grande interrogativo: se le stories durano 60 secondi, cosa le differenzia dal reels?  Tutto si contagia sui social, e dunque se le stories in origine arrivano da una pratica più utilizzata su Snapchat, oggi sono sempre più simili ai contenuti di Tiktok, un altro aspetto che rende la soglia che fa differire stories da reels è sempre più labile.

Dalle stories ai reels

Niente di nuovo, quando parliamo di reels: si tratta di un forma derivato da TokTok, al quale Instagram si è convertito per non perdere utenti. Ma cosa sono i reels? Si tratta ancora una volta di video della durata di 60 secondi al massimo. Spazio alla creatività grazie a questa feature: i reel possono essere personalizzati con musica, effetti, audio e una serie di elementi. Cosa li differenzia dalla storia? Di fatto, formalmente, molto poco. È l’obiettivo a segnalare un reel, che nasce infatti come contenuto di intrattenimento: un mini reportage, qualcosa di divertente, accattivante, che si presti a un montaggio dinamico. 

E la IgTv? si domanderà qualcuno. Fine di un esperimento, oggi non del tutto sparito dal momento che Instagram permette di inserire contenuti video di lunga durata (da un minuto a un’ora): si tratta di contenuti che non saranno più archiviati nella feature IgTv, ma dentro la sezione Instagram video. 

Come dovrebbe essere ormai evidente, le possibilità che Instagram fornisce a chi abbia voglia (e tempo!) per cimentarsi con la creatività a mezzo video sono davvero tante, una sfida quotidiana per stare al passo non solo con la sterminata concorrenza, ma anche per inseguire, come dicevamo, i labili stati d’animo dell’algoritmo in perenne evoluzione. Stories, reels, ma anche video più lunghi capaci di diventare vere e proprie rubriche: la piattaforma è un grande campo di prova per tutti i creators. Avete già iniziato a dire la vostra? Se non lo avete ancora fatto possiamo aiutarvi noi!

Concerti e contenuti dinamici: come la musica dal vivo comunica sui social

Estate, tempo di sole, spiaggia, vacanza. Tempo di concerti, ora che le chiusure da pandemia sembrano essere alle spalle. Ecco allora tour, palazzetti pieni e arene che tornano a ospitare grandi star della musica italiana e internazionale lasciando cartoline indelebili nei ricordi estivi. 

Cartoline che, ormai lo sappiamo, sono sempre più oggetti digitali, si tratti di selfie scattati sotto il palco, post che citano canzoni e immortalano la folla, ma anche e soprattutto video e contenuti dinamici come quelli che popolano Instagram, il social sulla cresta dell’onda nell’estate 2022. Con le sue stories, reels e post è una delle piattaforme predilette dal pubblico dei concerti per far vedere e vivere l’esperienza anche attraverso lo schermo. Non a caso il marketing dei concerti si orienta molto su questo canale per dialogare con le fan base e alimentare il funnel, dalla vendita biglietti all’engagement degli appassionati. 

Jova Beach party: quando i social vengono al concerto

Un esempio tra i più macroscopici dell’ultimo periodo? Il Jova Beach party, un concerto allargato che Lorenzo Cherubini presenta come una festa estiva sulla spiaggia. Un tour lungo un’estate con una lista di ospiti ricchissima. Alla sua seconda edizione dopo il 2019, il Jova Beach party è un festival portatile che ha fatto del suo villaggio sulla spiaggia pieno di musica e divertimento il fulcro di interessanti campagne video e social.  

Si tratta infatti di un colossale progetto comunicativo che coinvolge uno dei personaggi più noti della musica italiana e che, per la sua natura speciale e fuori dalla norma, si è posto anche obiettivi etici come quello di parlare di ambiente. La platea cui la comunicazione del JBP si rivolge è vastissima, il target variegato e l’obiettivo ambizioso, una sfida ideale per lavorare sul topic da porre al centro del progetto comunicativo. 

E come, se non attraverso il marketing social? Tutto è innovativo al Jova Beach Party: il format, lo scopo, l’esperienza dal vivo ma anche quella virtuale, via video e social, ormai l’inevitabile contraltare. JBC è su Instagram, Facebook, ma anche su un’apposita app mobile che racconta dei luoghi in cui si svolge il concerto, che offre merchandising e dalla quale si può ascoltare la radio dedicata. I profili social forniscono attraverso una varietà di contenuti informazioni ma anche intrattenimento, per espandere la festa nel tempo e nello spazio. 

Marketing dal vivo attraverso le stories

Si chiama marketing esperienziale, e il Jova Beach party ne è forse uno dei più limpidi esempi nel contesto dei concerti e della musica dal vivo, complice anche la sua immensa e variopinta carovana che lo ha reso un vero e proprio brand che, come tale, comunica e si vende attraverso lo storytelling dinamico e agile dei social. E che attira altri brand, da cui le tante collaborazioni con marchi e aziende. 

Video, stories e reels, soprattutto, sono diventati i cavalli di battaglia di una comunicazione il cui scopo è protrarre l’esperienza dal vivo che si è vissuta, espanderla e condividerla oltre i suoi confini, surfando sull’onda dell’engagement generato dai social, specie con contenuti dinamici, freschi, rapidi e diffusissimi come stories e reels. Che questi contenuti, occhieggianti a TikTok, siano sempre più premiati dall’algoritmo è del resto uno dei trend dell’estate 2022. 

Lo staff del Jova Beach party lo sa bene, e mentre lavora in questo senso apre anche altri canali. La collaborazione con TIM ha fatto arrivare al villaggio, per la prima volta, il metaverso, ovvero il Jovaverso, area virtuale dove scoprire il backstage dell’organizzazione. Potere alla tecnologia: con Oculus e avatar si potrà esplorare un universo ricostruito in sound system, con le canzoni di Jova e i saluti lasciati dagli altri fan, con versi delle canzoni e gadget. Il Jovaverso è realizzato sulla piattaforma proprietaria di eXtended Reality e sarà disponibile nell’area TIM in tutte le tappe del Jova Beach Party 2022. Un altro tassello di una rete comunicativa molto potente. 

Promuovere concerti e live sui social

Esempi così autorevoli evidenziano il ruolo decisivo dei social e le infinite possibilità dei loro contenuti video e dinamici. Il social, come abbiamo detto, estende l’evento rendendolo comunicativo e attraente già prima, durante e oltre, raggiungendo così notevoli vette di visibilità. Non ci si improvvisa comunicatori video sui social, ragione per cui ogni mossa finalizzata al marketing del concerto andrà attentamente pianificata per poter essere messa in atto nel momento giusto o, eventualmente, per poter prendere le necessarie contromisure e cambiare strategia per tempo. Lo raccontiamo spesso: pianificare e progettare sono i pilastri di una buona comunicazione! 

Un tot di tempo prima del concerto, lo staff del gruppo o del cantante inizia a farsi riconoscere sulla rete destando curiosità e agganciando l’attenzione. Lo fa, per esempio, con la creazione di un hashtag ufficiale al quale ricondurre i contenuti legati a quel tour, a quel nome o a quell’occasione. Seconda garanzia di successo è aumentare i follower, così da arrivare all’evento con una fan-base davvero solida. E poi spazio al piano dei contenuti, con video e stories che raccontino il concerto rendendolo unico già nella fase preliminare. 

Alcune idee? Il social wall, per rendere visibili a grandi numeri di persone i contenuti, ma anche appositi corner dotati di pannelli o grafiche per scattarsi selfie o fare stories e video. Il piano non si esaurisce certo durante l’evento: tutto il materiale raccolto può diventare stories, video di ricordo, gallery, nonché preziosa fonte di dati per analizzare il target. Insomma: il video non smette di essere una fonte di ispirazione anche in momenti di svago e festa. Pronti al prossimo concerto vissuto non solo da fan, ma con gli occhi attenti dei comunicatori?!

Video, promozione e sicurezza: le campagne sul Covid

Un evento significativo e di portata mondiale come la pandemia da Coronavirus non avrebbe potuto non dare vita a una serie di campagne video orientate da istituzioni e governi alla sicurezza. Diffondere, spiegare, illustrare: fare promozione significa anche questo, come abbiamo visto, e poter raggiungere lo scopo con un linguaggio agile, fresco ed emozionale come il video garantisce successo ed efficacia anche per quelle che siamo soliti definire come “pubblicità progresso”. Scopriamo qualche esempio dalla recente storia italiana, sia per quanto riguarda le campagne istituzionali sia per i trend della pubblicità aziendale.

Resta a casa

Resta a casa è il titolo eloquente della campagna informativa del Ministero della Salute e della Presidenza del Consiglio dei Ministri sull’emergenza sanitaria legata al Coronavirus, nata per affiancare i provvedimenti normativi. Allo scopo di raggiungere quanto più pubblico possibile, la campagna ha previsto una diffusione non solo sulle reti televisive Rai, ma sui principali social network come Facebook e Instagram.

 

Lo spot è stato realizzato in un formato e con un linguaggio adatto ai social, sintetizzando le misure da rispettare e i principali comportamenti da tenere per limitare la diffusione dell’epidemia con semplicità e chiarezza. Non uscire di casa era il messaggio principale, un invito accompagnato da quelli del frequente lavaggio delle mani, della disinfezione delle superfici, del protocollo da rispettare per il pronto soccorso. Infine, non mancavano come da progetto l’invito alla condivisione e il sito di riferimento

I testimonial

Non solo video-tutorial a contenuto grafico come Resta a casa, ma anche spot che, utilizzando volti noti, ripetevano il messaggio con lo scopo di farlo penetrare ancora di più tra la popolazione. Per questo motivo il Ministero della Salute ha scelto, per diffondere la regola di stare a casa, il volto molto conosciuto dal pubblico televisivo di Amadeus. Lo spot è stato realizzato con la Rai e pensato per la messa in onda televisiva e radiofonica, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri e dunque parte di una strategia prettamente istituzionale

Anche in questo caso, Amadeus ripete i messaggi informativi principali, ovvero le regole da rispettare, rimandando al canale istituzionale per le informazioni, quello del Ministero, e invitando tutti i cittadini a essere responsabili e solidali per fronteggiare l’emergenza. Il tutto è naturalmente sintetizzato da una frase recitata dal personaggio: «Aiutiamoci l’un l’altro. Insieme ce la facciamo». Il claim della campagna, in sintonia con questo messaggio, era «Proteggi te stesso e gli altri dal nuovo coronavirus». 

Pubblicità all’epoca del coronavirus

Se siete osservatori attenti ve ne sarete certamente accorti: qualcosa è accaduto nel mondo della pubblicità durante i mesi di lockdown. Modificato radicalmente lo scenario, anche le aziende e i brand hanno dovuto ricalibrare la propria comunicazione, e farlo attraverso i video ha dato luogo a diverse campagne più o meno impattanti, ma certamente molto spesso accomunate da strategie simili. La chiusura tra le mura domestiche e il drastico cambio di abitudini ha così influenzato i video di tante aziende, spingendo ciascuno a ripensare i propri servizi e le proprie esigenze comunicative, che possiamo riassumere citando quello che agli studiosi di semiotica è noto come “quadrato di Floch”, ovvero l’assiologia del consumo. C’è stato chi ha scelto di dare evidenza ai valori aziendali, detti “di base”, e chi a quelli più pragmatici, ovvero “d’uso”, modulando i messaggi da valorizzazioni pratiche, utopiche, critiche o ludiche (qui un utile riassunto della semiologa Giovanna Cosenza).

Cambiando il contesto in cui gli spot andavano in onda, molto spesso è stato necessario variare anche il messaggio per “adeguare” la comunicazione ed evitare fastidiosi riferimenti a uno stile di vita e a situazioni non più normali, come assembramenti, viaggi. La galleria di scelte che ogni brand ha deciso di intraprendere è varia, potete divertirvi ripercorrendo spot di prodotti alimentari, per la casa, di viaggi e automobili, cosmetici e quant’altro con le ricerche sul web, da Google a Youtube. Quello che vi consigliamo, per accendervi qualche riflessione, è questo video che, magicamente, mette a confronto tante pubblicità di brand all’epoca della pandemia mostrando come, alla fine, si assomiglino tutte.

 


 

Non fate anche voi lo stesso errore

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